La forza dell'indignazione aveva scosso quel flusso dei pensieri senza corpo.
Il rapimento era sbilenco e di colore indefinito.
La testa appesa.

Il tempo perso.
E un grande uncino adeguato come spina dorsale.
E in qualche istante speciale un brivido dipinse la smorfia dello sdegno, e uno schiocco alle emozioni riscaldò dal freddo.

Le narici che ingoiano nausea ed espellono fiele, gli occhi che giurano abbandono, il cervello che bolle per il fuoco in superficie: l'indignazione ha questa faccia, e indossa stivali neri come la pece... per schiacciare le tentazioni.

La malia dell'indignazione ha dunque scosso quel flusso dei pensieri senza corpo.
E un sacro paonazzo ardore ha scacciato quei colori lontani, ed ha acceso di rosso scarlatto il pulviscolo delle impressioni.

Lunghe mani bianche e sottili, nervose di candore, schiaffeggiano l'aria malata: sublima il buon gusto e s'accascia la comune opinione.

L'indignazione è rara (quella vera).
Ed io odio il carcere

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